Neuroscienze: un approccio moderno ai quesiti di sempre

22.02.2013 16:43

 

Simonetta Vernocchi

Esiste il serbatoio della rabbia? Il bambino apprende per imitazione: il comportamento violento dell’adulto può condizionare la condotta  violenta del bambino per semplice rispecchiamento? Alla luce della nuove acquisizioni in materia di neuroscienze si tenteranno di illustrare i meccanismi con cui dalla violenza esibita e subita si può giungere all’esplosione della violenza.

Si sostiene ancora spesso che nella lotta per la vita prevale il più forte, intendendo per più forte il più aggressivo. In realtà, la teoria dell'evoluzione, enunciata correttamente, parla di sopravvivenza del più adatto e, precisamente, del più adatto alle condizioni ambientali nelle quali deve vivere. L'enunciazione scorretta della teoria dell'evoluzione ha indotto molti a pensare che ci sia stata una selezione naturale dell'aggressività, maggiore di quella che ha interessato qualsiasi altro aspetto del comportamento. Questo non è assolutamente vero. Le ricerche degli psicologi comparati e degli etologi hanno dimostrato che nelle specie animali sociali la cooperazione riveste un ruolo di importanza paragonabile a quello dell'aggressivitàLa selezione naturale opera in modo da garantire un equilibrio fra l'aggressività e la cooperazione. Nelle specie che vivono in gruppi organizzati gerarchicamente, gli individui dominanti manifestano tanto una notevole aggressività, quanto una forte capacità di cooperare con gli altri e di svolgere certe funzioni utili alla sopravvivenza del gruppo. I geni, infatti, possono influenzare ma non possono in nessun caso determinare direttamente i caratteri psicologici. I geni controllano la produzione di enzimi a livello cellulare e forniscono solo un potenziale che interagisce con le condizioni ambientali. È in ogni caso assurdo, quindi, parlare di determinazione genetica dell'aggressività.

Un modello studiato sul comportamento animale,  importante per comprendere i meccanismi dellascarica dell’aggressività, è stato elaborato da K. Lorenz, che ha distinto vari tipi di “energia psichica e d’azione”. A ogni comportamento istintivo corrisponderebbe una particolare energia specifica d'azione e, senza un'adeguata quantità di questa energia disponibile, non sarebbe possibile alcun comportamento istintivo. L'esecuzione del comportamento porta all'esaurimento dell'energia corrispondente e, quindi, è necessario che si accumuli nuova energia perché l'esecuzione del comportamento sia di nuovo possibile. In generale, ogni comportamento istintivo è innescato da particolari stimolazioni ma, se si è accumulata troppa energia, allora il comportamento si manifesta anche in assenza di queste stimolazioni. Si hanno così quelle che sono state chiamate “attività a vuoto”, in quanto si tratta di comportamenti -anche aggressivi- che si verificano completamente al di fuori di un qualsiasi contesto che li giustifichi.

I modelli energetici del sistema nervoso hanno portato alla sua massima espressione il carattere di inevitabilità della reazione aggressiva. Secondo la loro logica, infatti, l'organismo produce continuamente energia aggressiva che, prima o poi, deve essere scaricata. Come s'è detto, se si accumula troppa energia aggressiva, l'individuo è costretto a comportarsi aggressivamente anche in assenza delle specifiche stimolazioni che di solito innescano le reazioni.

Sempre secondo questa concezione, per evitare accumuli eccessivi di energia aggressiva, che potrebbero portare a scariche pericolose, quali l'omicidio/suicidio o anche la guerra, sarebbero consigliabili scariche periodiche in situazioni ritenute socialmente innocue. Avrebbero un carattere preventivo e protettivo i giochi competitivi, i videogiochi di contenuto violento, gli sport competitivi e la visione di spettacoli violenti, al cinema e alla televisione. Queste situazioni servirebbero da salutari valvole di sicurezza e avrebbero una funzione catartica.

In realtà, gli studi successivi sia di etologia, sia sulle emozioni elementari, non ultimi i fatti di cronaca -World of Warcraft e Modern Warfare sono stati per mesi, per 16 ore al giorno, i giochi preferiti da Anders Braivik, autore della strage del 22 luglio 2011 a Oslo ed Utoya, in cui morirono 77 persone e da  Adam Lanza che 14 dicembre scorso ha ucciso 26 persone nella scuola Sandy Hook di Newtown, in Connecticuthanno chiarito che i modelli energetici del sistema nervoso non sonouniversalmente validi né applicabili all’essere umano.

La conclusione è univoca: non esiste alcuna energia psichica, in particolare non esiste alcuna energia aggressiva. Quindi i videogiochi sono “salvi” nel bene e nel male: non ci proteggono e non ci diseducano. Trascorrere tante ore in solitudine certo ci isola dal resto del mondo ed è un possibile effetto di un disturbo di personalità. Nel momento in cui non possiamo fare a meno di giocare si parlerà di Ludopatie, di gioco compulsivo.  Il video gioco compulsivo è una manifestazione di un disagio e non la causa del disagio. 

Perché la reazione violenta inattesa? Cosa scatena la rabbia? In caso di conflitto, se non si è in grado di reagire si accumula rabbia inespressa. Si può tentare di razionalizzare tale rabbia sempre che la si riconosca come tale e che se ne comprenda l’esistenza, se non proprio tutte le ragioni.L’alternativa è reprimere, tentare di nascondere, negare, sublimare. La rabbia che si accumulanell’inconscio è la rabbia repressa. Accumuliamo rabbia sabbiamo subito violenza quando noneravamo in grado di reagire, oppure se abbiamo subito violenza da una persona che avrebbe dovutoproteggerci, oppure se abbiamo subito violenza in un momento della nostra vita in cui eravamocompletamente dipendenti. Le ricerche effettuate sul presunto effetto catartico delle espressioni di aggressività agita in situazioni protette hanno ottenuto risultati controversi. Agire l’aggressività in modo controllato non solo non la fa diminuire, ma addirittura può incrementarla. Inoltre, nelle situazioni di gruppo l’aggressività è sicuramente meno controllabile, esiste un effetto domino, una sorta di contagiosità della rabbia: la rabbia innesca la rabbia, la violenza scatena la violenza.L’attitudine all’imitazione ad essere e a fare da specchio è alla base della catena della violenza.

Il sistema  limbico, sede dell’origine delle emozioni, presenta strutture che, se attivate da opportunestimolazioni, possono portare a reazioni aggressive che si auto-alimentanoQueste reazioni non sono riflesse (non sono sostenute da un arco riflesso semplice), ma sono “facilitate”. Inoltre, la rabbia prevede comunque una notevole integrazione sia nel lobo limbico stesso che nella corteccia cerebrale. Le parti più evolute della nostra corteccia cerebrale sono in grado di analizzare le stimolazioni e decidere se dare oppure non dare una risposta aggressiva. Questa possibilità di controllo dell'aggressività è già evidente nei Primati superiori. Stimolando elettricamente determinate zone del cervello delle scimmie più evolute, si producono le reazioni aggressive, madette reazioni si verificano o non si verificano a seconda del contesto in cui la scimmia si trova. Di fondamentale importanza è la valutazione dei costi e dei benefici di una reazione aggressivaanche per i primati. In gruppi organizzati gerarchicamente, per esempio, l'animale reagisce aggressivamente alla stimolazione elettrica se in quel momento si trova vicino a un membro del gruppo di rango inferiore al suo e quindi presumibilmente più debole, mentre non reagisce aggressivamente nel caso in cui si trovi vicino a un membro del gruppo di rango superiore al suo e quindi presumibilmente più forte. Ancora maggiore, ovviamente, è il controllo dell'aggressività nella specie umana a causa del maggior sviluppo della corteccia cerebrale, ed è chiaro che l'entità di questo controllo dipende fondamentalmente da differenti variabili quali il grado di evoluzione, la storia personale, le esperienze passate, ed il tipo di personalità.

Perché è così difficile sconfessare questa equivalenza? In primo luogo, appare molto più facile accettare le spiegazioni semplici dei fenomeni, piuttosto che quelle complesse, e sostenere che la violenza è determinata da uno specifico istinto è una spiegazione molto semplice. Sostenere invece che essa è determinata da innumerevoli cause, come la ricerca scientifica va sempre più mettendo in evidenza, è una spiegazione complessa che richiede un notevole lavoro intellettuale per essere compresa. In secondo luogo, la concezione istintivistica della violenza umana porta a una de-responsabilizzazione morale. Se c'è un istinto aggressivo che non può fare a meno di manifestarsi, allora l'individuo aggressivo è moralmente giustificato, perché si trova di fronte a forze incontrollabili che inevitabilmente lo trascinano e di cui non può essere ritenuto responsabile.La terza ragione è di tipo ideologico. La concezione istintivistica della violenza giustifica un modello di  competitività di vita per cui ciascuno vede negli altri dei nemici, dei concorrenti. Inoltre la concezione istintivistica ci esime dall'affrontare e risolvere le più scottanti questioni socialiuniversali come la miseria, ingiustizia, disoccupazione ecc., che sono considerate conseguenze inevitabili della natura umana. Ciascun gruppo dovrà provvedere solo a sé, poco importa se la propria ricchezza ed il proprio benessere saranno costruiti a scapito di altri.

La nostra violenza è una conseguenza del nostro sviluppo psicologico e quindi delle condizioni socioculturali che lo hanno influenzato e in primo luogo dell'educazione. Numerose ricerche hanno messo in evidenza l'influenza di esperienze dirette o indirette di violenza durante l'infanzia sulla formazione di personalità aggressive. Fondamentale a questo riguardo è l'ambiente familiare. Le esperienze dirette di violenza, di ira agita di fronte al bambino, quanto non veri maltrattamenti che il bambino subisce, di tipo sia fisico sia psicologico (rifiuto, colpevolizzazione ecc.).

Le esperienze indirette sono costituite dai litigi in famiglia, dai maltrattamenti subiti dalla madre da parte del padre, o subiti dagli altri fratelli oppure da animali domestici, dalle scene di violenza alle quali il bambino assiste a scuola e nel quartiere, oppure che vede al cinema e alla televisione.Importanti sono anche gli stili di educazione familiare. Sia un'educazione autoritaria sia un'educazione permissiva tendono a produrre personalità aggressive. Nel primo caso, il bambino subisce continue ed eccessive frustrazioni, dovute alle proibizioni e alle punizioni, e le frustrazioni producono spesso aggressività. Nel secondo caso, lo sforzo sistematico dei genitori di evitargli del tutto le frustrazioni fa sì che il bambino non abbia la possibilità di abituarsi ad affrontarle; quando purtroppo la vita provvederà a offrirgliene abbondantemente, il bambino si troverà impreparato. Risultati negativi dà anche un'educazione incoerente, che passa continuamente dall'autoritarismo al permissivismo. In questo caso il bambino manca di punti di riferimento stabili, indispensabili per la regolazione dei propri comportamenti, sviluppa insicurezza e con essa aggressività.

Non è possibile una risposta psicanalitica alla nostre domande, né biologica o fisiopatologica, ma nemmeno sociologica. Quello che possiamo tentare  è una visione integrata del problema  ed una risposta altrettanto complessa.  

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